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angle-left Gruppo di ricercatori Unisalento e CNR sviluppa dispositivo per la diagnostica di Xylella fastidiosa
31 Maggio 2018 - UniSalento

È stato pubblicato in questi giorni su Scientific Reports, una rivista del gruppo Nature (Chiriacò, Luvisi et al., Scientific Reports 8, 7376 (2018)), il lavoro di un gruppo di ricerca congiunto tra Università del Salento e CNR Nanotec di Lecce su un dispositivo diagnostico prototipale basato su microsensori, per la rilevazione da piante di olivo di Xylella fastidiosa, il batterio che vive e si riproduce all'interno dei vasi xilematici degli ulivi e non solo.

Il dispositivo sviluppato, grazie alla sua elevata sensibilità, ha la potenzialità di individuare la presenza del patogeno che affligge gli alberi del territorio salentino, con tempi rapidi di analisi. Si tratta di un primo importante passo avanti verso la diagnostica in-situ, come valido strumento nelle mani degli esperti del settore per le analisi su campo.

Il rilevamento di Xylella fastidiosa, viene solitamente eseguito con tecniche di laboratorio (ELISA e PCR). In questo lavoro, invece, afferma Serena Chiriacò, ricercatrice CNR, “i due metodi tradizionali sono stati confrontati con il nuovo test elaborato su biochip elettrochimici, ottenendo risultati sovrapponibili a quelli dei test tradizionali, ma con vantaggi significativi in termini di costi e tempo impiegato per l’analisi”. “Lo sviluppo di nuove tecniche diagnostiche – commenta Andrea Luvisi, ricercatore dell’Università del Salento - rappresenta un’utile risorsa per le azioni di monitoraggio, attività imprescindibile per il contenimento dell’epidemia”. Questo lavoro, spiegano gli autori della pubblicazione, è il frutto di una solida collaborazione tra l’Università del Salento ed il CNR Nanotec, che ha permesso la composizione di un team fortemente interdisciplinare con la presenza di patologi e fisiologi vegetali, biologi, biotecnologi e fisici, che hanno lavorato insieme alla realizzazione di un biosensore innovativo in grado di rilevare la presenza del fitopatogeno. Il lab-on-chip realizzato comprende anche un modulo microfluidico che consente di effettuare l’analisi su piccoli volumi di campione, e le sue prestazioni sono competitive rispetto ai metodi diagnostici convenzionali, ma con gli ulteriori vantaggi di portabilità (l’intero dispositivo misura pochi centimetri quadrati), costi contenuti e facilità d'uso. Una volta industrializzata, la tecnologia proposta potrà fornire un metodo di analisi made in Salento, utile per attuare uno screening su larga scala.

Data ultimo aggiornamento: 08/06/2018